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lunedì 22 dicembre 2008

Sfida all'OK Corral (presso Rocco Toys)

Natale incombe e i gattopuzzi scappano da questa bolgia urbana, anche se –ahimè – troppo tardi, dovendo restare al chiodo fino al giorno stesso di Natale; poi, però, il signor Gattopuzzo e la signora Cucciola si ritirano al paesello, e tanti saluti alla turba berciante che infesta le strade e rende folli a camminarci in mezzo. Casino, luci, ressa, clacson, congestione di traffico, masse di carne semoventi…Bleah!
Questo orrore della folla ce l’ho sempre avuto, eppure una volta non esitavo a tuffarmici in mezzo; certo, c’erano motivazioni molto solide. Prendiamo per esempio Natale ’96, la vigilia. Chiudete gli occhi e immaginate il Gattopuzzo poco più che trentenne, fisico atletico, sguardo deciso, single, scatenatissimo e pure in carriera, che si fa incastrare e anziché lavorare mezza giornata si trova a dover consegnare – da solo – i materiali per un mailing alla tipografia; perché qualcuno (o meglio: Qualcuno, leggi l’amministratore delegato, che all’epoca ancora mi ispirava la maiuscola) aveva deciso che quella roba doveva partire proprio in quei giorni lì.
E però il GPZ è anche zio di una nipotina ormai metamorfosata in Alien, come tutti gli adolescenti, ma che all’epoca era un’adorabile tesorino di tre anni, che aspettava impaziente Dado (mi ci chiama ancora, la fanciulla) e soprattutto il regalo che Dado aveva di certo consegnato a Babbo Natale. Solo che Dado non aveva consegnato proprio un tubo, perché era aduso a lavorare dalle dodici alle sedici ore al giorno e non aveva avuto tempo di battere i negozi di giocattoli alla ricerca di Baby Mangiapappa Falacacca, che era il bambolotto alla moda tra le bimbette di quegli anni lì. Contava sulla vigilia , l’incosciente zio, come se fosse facile in quel giorno di delirio setacciare negozi alla ricerca di una preda fin troppo ambita da mamme, papà, zii, nonni, amici, parenti e affini fino al settimo grado.
Per farla corta: finisco di preparare il materiale alle 18, pianifico: prima il regalo all’adorata nipotina, poi la volata verso la tipografia, che tanto il tipografo ci abita sopra e la roba gliela posso portare pure a casa. Mi fiondo nel mio peugeotttino azzurro parcheggiato a via Po, parto alla volta di Rocco Toys e… resto bloccato seduta stante in un magma di metallo urlante.
Come abbia fatto non dico ad arrivare da Rocco Toys a Corso Francia, ma piuttosto a non venire arrestato o anche terminato dalla forza pubblica è per me tuttora un mistero; sta di fatto che a Corso Francia Baby Mangiapappa Falacacca non c’era, le scorte già depredate da legioni di ossessi. Monta il panico, sono le 18.30, che fare? Mi attacco al mio primo cellulare, che aveva più o meno le dimensioni di un ferro da stiro da viaggio e una riserva di batteria non superiore a cinque minuti, dopo essere caduto in una pozzanghera proprio mentre lo scartavo, appena comprato. Setaccio una decina di negozi via etere (quelli che si degnano di rispondere), ricevo un timido segnale positivo da un altro Rocco Toys; problema: sta sull’Ardeatina, che in quel casino è come dire su Saturno. Ma GPZ Cuore di Zio non demorde: mi metto al volante con cipiglio criminale, deciso a infrangere tutte le norme del codice della strada e svariati articoli di quello penale; sgommo, arroto, schivo, urto, insomma guido il povero peugeottino come fosse un motorino e miracolosamente arrivo alla meta, alle otto meno dieci, ma è ancora aperto! Schizzo fuori dalla macchina, mi sa che la lascio pure in moto, presto presto! Prima che chiudano, o peggio che qualcun altro si compri l’ultimo esemplare! Ho un vantaggio competitivo, conosco quel negozio per averlo frequentato in compagnia di un’antica fidanzata, e così mi lancio subito nel reparto giusto, vedo un rivale in tutti quelli che mi passano accanto, li guardo in cagnesco, avvisto da lontano lo scaffale, vedo pure il bambolotto e – orrore! Ce n’è rimasto per davvero solo uno, e proprio lì vicino due papà stanno assediando la commessa con la fatidica richiesta “dove posso trovare Baby Mangiapappa Falacacca”? Lei glielo indica, io non ne ho bisogno, ma loro sono in vantaggio. Perdo ogni ritegno: mi metto a correre, loro capiscono al volo e fanno altrettanto, ma io ormai ho l’abbrivio e poi modestamente sui cento metri sono sempre stato un fulmine, arrivo insieme a loro, ci guardiamo negli occhi, leggo lo sgomento nel loro sguardo e, memore di millanta sfide vinte a rubabandiera, so che quello è il momento: prima che si riscuotano agguanto la preda e schizzo via, li lascio lì con un palmo di naso, prima a inveire contro di me (ma io sono già lontano con il tesoro, e corro rapido verso la cassa), e poi a supplicare la commessa impotente che gliene trovi un altro, che lo ordini, lo teletrasporti, lo materializzi, lo crei ma faccia qualcosa, perché loro a casa dalle pargolette senza Baby Mangiapappa Falacacca no, proprio non ci possono tornare, e le mogli li scuoierebbero vivi per aver fatto tardi al lavoro trascurando i bisogni dell'angelica prole.
Trafelato passo alla cassa, pago ridendo sguaiatanente per lo sguardo attonito e quasi addolorato della cassiera, che alle otto della vigilia gli tocca pure sorbirsi uno spettacolino di questo genere, quasi quasi strillo “Adrianaaaaaaa!!!!” come Rocky Balboa (giuro che c’è mancato un niente, mi sentivo davvero come se avessi vinto i mondiali, Rocco Toys come l'OK Corral!), rimonto in macchina e via, verso la libertà! Mi mancano ancora ottanta chilometri a casa della mamma e devo pure fare tappa in tipografia, quando ci arriverò interromperò la cena della vigilia del buon Roberto, il tipografo, che mi offrirà pure di cenare con loro, mentre invece la mamma mi perseguita con chiamate sul cellulare a intervalli di cinque minuti, e tra uno smadonnamento e l’altro finalmente, alle nove e mezza, esausto varco la soglia di casa, dove tutti stanno lì incazzati ad aspettare il signorino ritardatario e schiattano dalla fame. Mi becco i rimbrotti, la mia dolcissima sorellina manifesta il proposito di evirarmi e lo farebbe se non si mettesse in mezzo quel sant’uomo del marito, ma che possono saperne loro della mia felicità? Ho vinto un mondiale, sono un campione, e loro non sanno… E mentre finalmente mi siedo e inforchetto gli spaghetti allo scoglio, il mio pensiero va cavallerescamente ai due sconfitti della competizione: chissà che vigilia gli starà toccando in questo momento, poveracci!

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