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mercoledì 3 dicembre 2008

The Monkey race

Concludiamo il resoconto dell’avventura inglese (in realtà già finita da una settimana) saltando direttamente all’ultimo giorno; dove si narra dell’epica sfida dei sette (team) che sono scesi in campo a fronteggiarsi sul terreno per tutti infido dell’asset allocation.
Dunque, la cosa funzionava così: nella solita sala in cui abbiamo patito per sette giorni ponderosissime e altrettanto pallose presentazioni, l’ottavo giorno abbiamo trovato – senza preavviso alcuno – un tabellone all’ingresso che recava l’enigmatico titolo di “portfolio in peril” e poi, dentro, sette tavoli tondi con sopra scritti nomi come “I gondolieri”, “Carnevale”, “San Marco” eccetera; trattandosi con ogni evidenza di una simulazione di portafoglio in uno scenario economico - diciamo così - tempestoso, la scelta della città dell’acqua alta era effettivamente pertinente, richiamando originalissime metafore quali “acqua alla gola”, “nave che affonda”, e via così.
C’era pure il megaschermo, che a intervalli regolari sparava finti tiggì economici con le notizie in base alle quali si dovevano prendere le decisioni di investimento.
Infine, un tocco di sadismo: tra i partecipanti, seduta a nessun tavolo, c’era La Scimmia. La scrivo con la maiuscola, perché La Scimmia è l’incubo che incombe su ogni onesto pedalatore della finanza: qualsiasi strategia di trading uno proponga, deve dimostrare di essere almeno in grado di battere La Scimmia, essendo La Scimmia l’ovvia metafora del trader che compra e vende a casaccio (ma io non sono così sicuro che una scimmia vera farebbe davvero così, al gran casinò della finanza globale; e soprattutto non sono sicuro che non siano invece i trader, a comprare e vendere a casaccio).
Ora capirete, un conto è arrivare ultimi su sette, e passi: al ritorno in azienda si può sempre dire di essere incappati in un’accolita di fenomeni; ma come giustificare un eventuale arrivo magari manco ultimi, e però alle spalle della Scimmia?
Alla sola vista del terribile cartello posto su un tavolo vuoto siamo sbiancati tutti, compresi quelli provenienti da paesi che garantiscono quella che il nostro mitico premier definisce abbronzatura naturale (a ciò che si dice di lui in giro per il mondo dedicherò un post a parte).
Insomma, per farla breve: solito briefing, con livelli di tensione palpabile, peggio che alle corse dei go-kart di sabato; tiggì finto, pronti, via!
Ed ecco menti eccelse scatenarsi in arditissimi ragionamenti macro e micro, su economia e finanza, e il tasso di interesse della banca centrale vietnamita, e il future sul caffè honduregno, e la supercazzola… E al primo giro, ecco che l’incredibile si verifica: perdiamo subito il 10% del capitale, e poco male, perdono quasi tutti; il dramma vero è che siamo subito ultimi, e La Scimmia è in fuga davanti a noi!
Secondo tiggì, di nuovo pronti, via! Nervosismo alle stelle, tempo che incalza, consultazioni convulse, compulsare frenetico di statistiche… Tutto inutile; arriviamo disfatti e trepidanti al verdetto della borsa, e vediamo le chiappe della scimmia sempre più lontane davanti a noi, e lei corre, corre sempre più veloce, e noi arranchiamo in fondo, già tutti a pensare a come fare per non dire, per non raccontare l’onta…
E poi per brevità non vi racconto il resto, ma sappiate, o lettori miscredenti, che le cose sono andate esattamente al contrario di come tutti vi aspettate: dal terzo giro in poi abbiamo vinto tutte le manche, nessuna esclusa, e l’ultima è stata una cosa da cardiopalmo: davanti a noi (che eravamo I Gondolieri) ci sono soltanto quelli del Danieli, e proprio di un’incollatura: e che ve lo dico a fare, li abbiamo bruciati proprio sulla linea d’arrivo, di un’inezia, e abbiamo vinto noi, salti di gioia, baci e abbracci, e pure una scatola di cioccolatini come trofeo! E vai che siamo dei fenomeni – pacca sulla spalla -, ma hai visto come abbiamo intuito subito la recessione in Cina, e poi la manovra di copertura, lo sapevo che il dollaro scendeva anche se tutti scommettevano al rialzo, e bla e bla bla bla bla!
BLA!
Per la verità, a me è parso più che altro che abbiamo avuto un culo mostruoso; alla luce delle notizie che, di tiggì in tiggì, giustificavano a posteriori le salite e le discese del nostro portafoglio, c’era davvero poco da intuire: recessione in Cina, sì, ma causata da un terremoto, e il dollaro crollava in seguito a non mi ricordo quale cataclisma geopolitico, e così via. Che è pure una bella lezione per tutti quelli che pensano che un gestore capace di fare profitti per un lungo periodo è bravo, e gli affidano tutti i propri risparmi: random walk chiamiamo questo fenomeno noi statistici, passeggiata aleatoria; si caratterizza per poter andare infinitamente su e anche infinitamente giù, infilando a volte serie consecutive di su-su-su o giù-giù-giù da far straparlare la gente di “chiare tendenze rialziste”, o ribassiste, mentre in realtà il mondo se ne va a casaccio e i risparmi a puttane.
E così la nostra gara, per il disappunto degli altri membri del team, io l’ho ribattezzata The monkey race: non c’era una sola scimmia, ce n’erano sette vere più una virtuale, e la gara è consistita non nel vedere chi era il gestore più bravo, ma solo quale fosse la scimmia più fortunata; ma, purtroppo…The trouble with the monkey race is that even if you win, you're still a monkey… Ma questa l’ho presa in prestito da Lily Tomlin che la disse a proposito di The rat race, dove i ratti stanno al posto delle scimmie.

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