Ciao! Per un po' non aggiornerò il mio blog, ma so tutto di te...

Sign by Danasoft - For Backgrounds and Layouts

domenica 30 novembre 2008

Quei temerari sulle macchine da corsa


Alla fine dell’avventura inglese, il rammarico è di non aver avuto tempo a sufficienza per aggiornare il blog in diretta, come avevo iniziato a fare. OK, mi accontenterò di fare un sunto delle imperdibili (dis)avventure del Gattopuzzo a Londra, anche se certi episodi avrebbero meritato ben altro rilievo.
Cominciamo dal fine settimana, in cui noi sessanta prigionieri provenienti da trentacinque paesi diversi siamo stati messi in semilibertà. Solo semi, perché sabato ci hanno portato a fare le corse coi go kart, che non era come stare in aula ma non necessariamente era un divertimento… Ma, bontà, loro, non era obbligatorio, per cui tutto quello che ne è conseguito devo onestamente ammettere di essermelo andato a cercare.
La partenza (del pullman, non ancora della corsa) era alle 11, e dopo nemmeno mezz’ora eravamo già alla pista; il primo impatto con una cosa così non è proprio tranquillo: uno si immagina la macchinina a pedali della sua infanzia, e invece si trova ad ammirare dei mostriciattoli piuttosto lunghi e larghi che assomigliano pericolosamente, nell’estetica, ai mostri veri della formula 1; e non vanno per niente piano.

Il seguito non allenta la tensione, anzi: ci portano negli spogliatoi, ci danno tute caschi e guanti, ci fanno sedere tutti intorno a un tavolo e arriva un tizio molto smart – pure lui in tenuta da aviatore, chiaramente – che ci tiene un briefing che dovrebbe essere tranquillizzante, e invece è terrificante. A parte che è brasiliano e parla un inglese velocissimo e incomprensibile, c’è il problema che le regole da seguire durante questa corsa (perché proprio di competizione si tratta, non di giretti di pista come tutti avevamo creduto) sono talmente tante che è impossibile ricordarsele tutte, e non è che sia proprio innocuo fermarsi nel posto sbagliato o ripartire in un momento inopportuno, con il pericolo che ti piombi addosso qualcuno a ottanta all’ora mentre tu sei su un trabiccolo del tutto scoperto…


Vedo Wioletta, la ragazza polacca seduta accanto a me, impallidire progressivamente fino a confondersi con la parete: trattasi di creatura eterea e soave, già quasi trasparente di suo, e mi era sembrato strano assai che sì leggiadra creatura potesse trovare a sé confacente passatempo tanto ruvido e materiale; ad un certo punto mi tocca timidamente il gomito, la voce è quasi strozzata: - Maurizio, It was a terribile mistake, I can’t do these things, I’m very worried…I had been unwise... e io lì, da vero uomo, a rincuorarla insieme ad altri veri uomini e qualche vera donna – Don’t worry, Wioletta, it’s not as terribile as it seems, you will see… Now all is difficult for you, but when you will be driving you will enjoi, I am sure…- Cioè, questa è la trascrizione più o meno letterale di ciò che le ho detto nel mio inglese non proprio oxfordiano, non so se per lei sia stato intelligibile, come io spero. Del resto, erano una montagna di spacconate, perché io ero preoccupato quanto e più di lei, e facevo una fatica tremenda anche solo per non scappar via urlando. Insomma, com’è come non è, ci mettono in team insieme, io lei un lituano e un cinese, tale Wang, che aveva riso per tutto il tempo del briefing.
Il cinese si rivela subito pippa di proporzioni colossali: manco parte che già sta dietro a tutti, poi fa testacoda, poi alla fine non lo vedo più e non so che fine abbia fatto; io e il lituano, superata la paura iniziale, cominciamo a prenderci gusto e iniziamo la rimonta, attestandoci dignitosamente nella parte medio alta della graduatoria, subito dietro quelli che già ci avevano rifatto, e che però confesseranno solo a corsa finita; e Wioletta? Wioletta, la nostra diafana mascotte, all’abbassarsi della bandiera è schizzata fuori dalla griglia come un missile – per la paura, ha avuto l’ardire di dirmi poi -, si è posizionata tra i primi e da quel momento io di lei ho visto solo le ruote posteriori, e sempre più lontane. Ogni tanto davo un’occhiata al tabellone, e sconsolato constatavo che mi dava due secondi al giro, giro dopo giro, finché poi non l’ho proprio vista più.

E, mentre battagliavo per la settima o la nona posizione, a seconda dei giri, mi chiedevo pure che fine avesse fatto il cinese… Non fosse stato per lui, con la performance astronomica dell’angelo da corsa (così abbiamo ribattezzato la nostra polacchina) e quella più che dignitosa (fino a quel momento, almeno…) mia e del lituano avremmo potuto essere in testa… E invece quello era disperso, e noi penultimi! E allora dacci dentro Gattopuzzo, vai che ce la fai, dai che quelli davanti non sono poi così lontani, pigia senza paura sull’acceleratore che li puoi prendere… E infatti li ho presi: proprio frontali, dopo un doppio testa coda carpiato con salto di chicane e crash finale con avvitamento sulle due macchinine che mi precedevano e che nel volo ho superato, tagliandogli la strada attraverso la chicane. Risultato: finisco sì davanti a loro – in maniera non proprio sportiva , essendo stato il più lesto a ripartire -, ma la prodezza ci procura solo il terzultimo posto (al team) e un ginocchio come una zampogna (a me). Del cinese, nessuna notizia fino a dopo il traguardo: si era fermato e poi era ripartito con andatura da torpedone, per le ire dell’angelica fanciulla, che ha rinunciato a morsicarlo solo grazie all’intervento di peace enforcing del bravo lituano.

Conclusione della gloriosa giornata: Gattopuzzo in camera, sdraiato su poltrona reclinabile con poggiapiedi, urlante di dolore con sul ginocchio il ghiaccio dello champagne – e sì, in camera c’era anche quello, da quanto costava ho temuto che anche per l’uso del solo ghiaccio mi avrebbero estorto come minimo una ventina di pound, evento per fortuna non verificatosi.
Più tardi, verso le sei di sera, ho radunato quello che restava del coraggio (e dell’orgoglio) e mi sono avviato dignitosamente verso la hall dove ci attendevano per portarci a cena, ululando tra me e me per non zoppicare. E chi c’era nella hall? Ma Wioletta, e chi se no? Che stava lì a pavoneggiarsi davanti a un nugolo di maschi giovani, celibi e adoranti, evidentemente sedotti dai modi da dominatrice dell’angelica creatura, che appena mi vede mi scocca e un gran sorriso e poi, rivolta all’audience –I must to say to you, I have been able to do all thanks to Maurizio… Without his boost, I couldn’t did anything!
‘Tacci tua, ‘tacci…

sabato 22 novembre 2008

Io e la Tina

Stamattina, essendo sabato, il vostro Gattopuzzo gode della semiliberta’: fino alle 11.15 puo’ tranquillamente farsi gli affari suoi, che comprendono tutto tranne la colazione: i gentili organizzatori, infatti, non offrono questo servizio nei giorni in cui la conferenza viene sospesa, e a battere palmo a palmo tutta Canary Wharf non si trova un bar aperto che e’ uno, prima delle dieci. Certo, ci sarebbe quello dell’albergo, ma poi lunedi’ mattina, alla relazione sui mutuatari insolventi, potrei offrirmi come esempio antropologico vivente dell’originatore della crisi dei mutui, dell’untore. Una sorta di paziente zero, insomma. E aspettiamo le dieci, allora. Poi, a colazione fatta, verremo di nuovo imbrancati e costretti a una di quelle attivita’ che fanno tanto fico in certi ambienti, e che pero’ stavolta trovo divertente pure io: andiamo a correre su una pista di go-kart. Almeno spero che sia divertente, perche’ il mio ultimo go-kart aveva i pedali e io avevo cinque anni, non ho seguito l’evoluzione tecnologica che c’e’ stata in mezzo e magari il mostro rombante che mi metteranno sotto il sedere fra un po’ potrebbe essere difficile da domare, chissa’.
In questi due giorni in cui non ho avuto modo di tenervi aggiornati non e’ successo granche’; unico episodio degno di nota, il dialogo surreale tra il rustico Gattopuzzo (che, sia detto in confidenza, non e’ esattamente un madrelingua inglese) e una delle hostess del convegno: “will you join us for ‘tina’?” – “Sorry?” – “I asked you if you will join us for ‘tina’”…
Ohibo’, e mo’ chi e’ ‘sta Tina? E che vuole da me? Mica mi vorranno offrire pure l’escort... E perche’ poi 'join us'… Ma che fanno, le ammucchiate?
Il GPZ, che e’ un tradizionalista fedele e dalle sconosciute non accetta le caramelle - figuriamoci il resto -, se non fosse stato assolutamente incredulo avrebbe cominciato a sudare freddo e ad arricciare il pelo; ma poi e’ intervenuta in suo aiuto una seconda hostess, evidentemente allarmata dal soffiare felino che deve aver sentito alle sue spalle: “Ok sir, my colleague is asking you if you will come with us to Hush, the restaurant where we will have dinner”.
Ahahhh…. Pero’, che cavolo: vabbe’ che il mio orecchio non e’ proprio quello di un interprete, ma ‘tina’ per ‘ dinner’ mi pare quasi dialettale… O sbaglio? Ah, le sofferenze dei gattopuzzi emigranti…

mercoledì 19 novembre 2008

La terza via

Primo giorno a Londra, e prima sospresa: niente disavventure. Che e’ davvero strano, dopo la piccola odissea di due anni fa (che un giorno vi raccontero’) e, soprattutto, dopo le difficolta’ pressoche’ insormontabili che ho trovato nel fare la valigia.
Lo dico senza pudori: il gattopuzzo, come del resto e’ adeguatamente spiegato nell’intestazione di questo blog, e’ uno spirito selvatico per antichissimo lignaggio; un mondo impietosamente cangiante e il tramonto della ruralita’ lo hanno costretto a riciclarsi nell’ambiente urbano (financo nella business community internazionale!) ed e’ anche riuscito a mimetizzarsi piuttosto bene nella fauna globale, ma resta fondamentalmente diffidente nei confronti di questi ambienti rarefatti e artificiali, e spesso si trova a soffiare il proprio disappunto, proprio come i felini di fronte all'odiato nemico abbaiante.
Gia’ e’ un indicibile sacrificio, tutte le mattine che ha fatto Dio, ficcarsi dentro una giacca e annodarsi una cravatta, eppero’ ormai a quello si e’ abituato, salvo concedersi svariati casual Friday anche quando venerdi’ non sarebbe (dove per casual si intende casual vero, con i jeans, per l’orrore dei suoi capi); capirete, pero’, che uno che si mette un vestito con lo stesso entusiasmo con cui indosserebbe una tuta da palombaro non sprechi molta fantasia nell’ideare varianti: e infatti il vostro GPZ si e’ comprato una serie di abiti sciccosi, molto ingessati, assolutamente impeccabili, e li indossa senza concedersi nemmeno una variante sulla cravatta, per paura di sbagliare accostamento.
E che dovrebbe fare uno cosi’, che si veste da ufficio come se camminasse sulle uova, alla lettura dell’invito in cui si raccomanda dressing code: business casual?
Ma va nel panico, mi pare assolutamente ovvio! Ho passato una serata intera, dalle sette a mezzanotte (con pausa cena, pero’) a smontare e rimontare il mio guardaroba, che come lo giri lo giri sempre e solo due dressing code tira fuori: o business o casual, ma niente che possa assomigliare a questa agognata terza via, che del resto neppure Berlinguer riusci’ a trovare.
Che fare? Rapido giro in internet, dove scopro che al business casual sono dedicate decine di migliaia di pagine, e anche di immagini; il dibattito verte sul corduroy (velluto a coste, che ce l'avrei pure): e’ o non e’ business casual? Certo, nelle jpeg che scarichi dalla rete lo indossano certi figaccioni che pure se gli metti addosso la giacchettina del nonno contadino sembrano neglettamente alteri, diceva Manzoni; ma io? Non e’ che con i gattopuzzi lo specchio funziona al contrario e rimanda l’immagine del nonno contadino anche se vado a spogliare l’emporio Armani?
Nel dubbio decido di astenermi; tento di promuovere accoppiamenti incestuosi tra la giacca con cui mi sono sposato e un paio di jeans seminuovi, o tra l’ultima grisaglia che mi sono comprato e un paio di pantaloni di tela grezza, ma niente: quelli proprio non ne vogliono sapere di stare assieme, l’amore non sboccia, e che vuoi farci? Se il magnetismo non c’e’…
Alla fine, esausto e sommerso di tessuti manco fossi in un sottoscala di sartine cinesi, mi arrendo: mi porto il business e mi porto il casual, e parto con l’unica improbabile accoppiata che sono riuscito a tenere insieme, jeans Timberland (pero’ marroni), giacca marrone superstite da vestito dimezzato, maglioncino verde.
Arrivo, mi vengono a prendere, mi portano in albergo: manco un’ora per riprendersi e c’e’ il cocktail di benvenuto, dal quale sono per l’appunto reduce or ora che sto scrivendo. Sono andato cosi’ come avevo viaggiato, e sapete come si erano vestiti i temutissimi figaccioni?
Allora, un africano si era messo in costume tradizionale, e passi, perche’ era davvero elegantissimo; l’ottanta percento pareva (ma pareva soltanto) in tiratissima tenuta business, perche’… il casual l’avevano spostato tutto sulle scarpe, che esibivano fogge assolutamente improbabili; gli orientali erano in tenuta da business, ma con accozzaglie di colori che manco a Carnevale. Si salvavano ovviamente le signore di ogni nazionalita', vuoi per un minimo di buon gusto in piu’ rispetto ai maschietti, vuoi per la maggiore varieta’ del loro abbigliamento.
Insomma, alla fine il GPZ, con la sua tenuta sobria ma non del tutto sbracata, ha fatto davvero un figurone!
Resta da vedere come mi vestiro’ domani, dato che l’unica cartuccia me la sono sparata questa sera…

martedì 18 novembre 2008

Gattopuzzo migratore

L’anno scorso il GPZ volò a Londra: ne scaturirono una serie di disavventure esilaranti, tutte documentate da accuratissime e-mail scritte là per là, e ora custodite gelosamente dalla signora Cucciola, in attesa di probabile pubblicazione, uno di questi giorni, quando non avrò la voglia e la presunzione di scrivere qualcosa di nuovo.
La notizia è che l’avventura sta per ripetersi: domani mattina il vostro magnifico GPZ si getterà tra le braccia della perfida Albione, ospite nientepopodimenoché di Morgan Stanley (se non fallisce prima, of course: dirlo non sarà elegante, ma di questi tempi un’altra merchant bank che salta in aria non mi stupirebbe affatto).
Le disavventure, in realtà, sono già iniziate: mai valigia è stata più difficile di questa. Il perché? Ve lo dirò al ritorno, my beloved friends… Per ora pazientate: giovedì 28 sarò di ritorno, e vi prometto un resoconto con i fiocchi!
Bye

GPZ